Estratto:
Era a questo che miravo, farlo inginocchiare ai miei piedi? Forse. Chissà se dentro di me prevaleva un sentimento di sconfitta nei confronti del tempo, un tempo che aveva represso la mia umanità, il mio talento, la mia dignità, trasformandomi in un otre vuoto, pieno di paura per ogni sincero tentativo di esprimere me stessa. Credo che, fingendo di corteggiarlo o confessandogli che pensavo a lui in quelle lettere che firmavo con baci appassionati, stessi riconoscendo la mia sconfitta di fronte al tempo, che lui personificava appieno. Mi comportavo da sfacciata perché quel medesimo tempo che da un lato opprimeva me, dall’altro rendeva lui immortale, era la sua fama ciò che più mi umiliava. A volte, mi obbligavo a sottopormi a un esame minuzioso del mio comportamento e mi stupivo sempre di quelle sensazioni di sacro terrore e vergogna annidate dentro di me.
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