lunedì 29 settembre 2025

Pomeriggi di amore sospeso di Stefania Lucchetti edito Albatros Seconda tappa del blog tour

 



Pomeriggi di amore sospeso

La creatività

La creatività è un’energia trascendente che connette il mondo interiore con quello esteriore. Ne ho scritto nella mia poesia Arte (inclusa nella mia precedente silloge Macchie di caffè sui miei libri (Albatros, 2024). Capace di abbattere ogni barriera e di tradurre le emozioni e i pensieri in forme tangibili e condivisibili, l’arte nel mio mondo non è solo un’espressione estetica, ma come un linguaggio universale e spirituale, una forza trasformativa e alchemica che dà voce a ciò che può essere difficile da esprimere in linguaggio mondano, e collega l’individuo all’universale.

L’arte prende il linguaggio dell’anima, spesso incomprensibile e ineffabile, e lo rende visibile e percepibile agli altri. Per questo è un mezzo di comunicazione tra due mondi, tra il visibile e l’invisibile, un luogo in cui l’anima si espande e si rivela portando alla luce storie altrimenti invisibili.

In “Pomeriggi di amore sospeso” racconto una storia d’amore. L’amore, in tutte le sue forme, è una forza universale e creativa, capace di plasmare e alimentare l’esistenza.  È il motore che spinge l’essere umano a crescere, esplorare, immaginare e creare. Che si tratti di amore per un’altra persona, per i figli, per la vita o per l’arte, questa forza alchemica ci permette di superare i nostri limiti e raggiungere nuove vette di espressione e realizzazione. L’amore, in ogni sua manifestazione, è il filo invisibile che intreccia le esperienze della nostra vita, dando loro significato e profondità e spesso è il motore che consente di raggiungere nuovi livelli di espressione e realizzazione.

giovedì 25 settembre 2025

Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni 2 Tappa del blog tour

 

Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni 2 Tappa del blog tour


Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni


 

Il rebus irrisolto dell’etica

Per raccontare e dipanare la matassa del rapporto tra lobbying ed etica, bisogna scomodare Dio e la barzelletta che si racconta su nostro Signore e i lobbisti.

Un lobbista riesce a organizzare un incontro con Dio. Risultato memorabile. Tronfio e smargiasso, si prepara per il meeting curando tutti i dettagli.

Al cospetto dell’Altissimo, con riverenza, esordisce: “Nostro Signore, so che hai pochissimo tempo e che sei super-impegnato. Voglio solo rivolgerti sommessamente tre domande”.

“Va bene. Dimmi pure figliolo…”

“Ma noi lobbisti saremo mai accettati dalla classe politica?”

“Sì, ma non durante la tua carriera.”

‘Fiuuuu, la prima è andata’ pensa il lobbista.

“Ma noi lobbisti saremo mai apprezzati dai media?” prosegue.

“Certamente” risponde Dio, “ma non durante la tua carriera.”

“E ora la terza e ultima” conclude l’uomo. “L’attività lobbistica sarà mai considerata una professione etica?”

Dio riflette qualche secondo e poi fa lapidario: “Sì, ma non durante la mia carriera”».

 

Ecco la storiella rappresenta bene le difficoltà di dipanare luoghi comuni e cliché sul modello comportamentale dei lobbisti; si arriva a sostenere apoditticamente che questa professione sia una professione a-etica e a-morale per definizione.


In realtà, non è così. Come gli avvocati, i notai, i commercialisti, gli ingegneri, gli architetti, ci sono professionisti seri e altri meno. Chi rispetta le regole, non solo del codice penale, ma di codici di condotta e del buon senso comune. E chi, impenitente, viola ogni legge e norme. Certo, chi ha a che fare quotidianamente con scelte politiche e pubbliche, con impatto su business e risorse finanziarie, deve essere molto più attento e scrupoloso del consueto. Deve quotidianamente confrontarsi e lavorare in team aiuta nel gestire situazione complesse nonché spesso delicate.


La killer app sono i “contenuti”: il lobbista che propone soluzioni e risposte sulla base di contenuti (e non maneggia solo con l’agenda e le “amicizie sottobracciste”) è sulla buona strada e non rischia di incappare in traffici di influenze illecite e quant’altro.

Per il resto, ci vorrà tempo e …magari una legge sul lobbying.

Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori Blog Tour 1 tappa

 Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori



Le sarte della Villarey racconta il coraggio delle donne durante la guerra, che riescono a escogitare un piano tanto coraggioso quanto folle per salvare dalla deportazione nazista oltre 400 soldati italiani. È il racconto di chi, trovandosi in una situazione drammatica e a rischio della propria vita, non si volta indietro, ma afferra ago e filo e con il gesto che conosce a memoria salva delle vite.

Il romanzo è anche il racconto di un momento cruciale della nostra storia recente, il ’43, visto dal fronte interno, cioè da coloro che hanno vissuto la guerra stando a casa e affrontando il razionamento alimentare, il coprifuoco, l’occupazione nazista e hanno continuato a lavorare per il paese.

martedì 23 settembre 2025

Pomeriggi di Amore Sospeso di Stefania Lucchetti edito Albatros Prima tappa del blog tour

 

Pomeriggi di Amore Sospeso di Stefania Lucchetti edito Albatros 


La poesia è sensualità
In “Pomeriggi di amore sospeso” uso molto la sensualità come strumento di connessione, di comunicazione.  Penso che a volte durante il percorso della nostra vita smarriamo il significato profondo della sensualità. Non sappiamo più davvero cosa sia, ne siamo attratti ma fatichiamo a darle un senso e un significato.
La sensualità è l’arte del non detto.
È la grazia che si cela nei gesti non spiegati, nel linguaggio del corpo e dell’anima che sfugge alla logica lineare della spiegazione e del controllo della mente. È un modo di onorare la nostra umanità: custodi di movimento, presenza, emozione e pensiero, senza il bisogno di definire tutto, senza l’urgenza di spiegare ogni dettaglio.
La sensualità è l’attenzione a un momento, il respiro tra le parole, la pausa che racconta più di mille frasi, un gesto che non necessità di spiegazione.
La poesia è una purissima forma di sensualità in parola.
La poesia vive nel suggerito, nella metafora. E’ soglia, è invito. Non offre risposte: apre possibilità. Indica direzioni che non pretendono di essere uniche, ma che accendono pensieri, riflessioni, domande. Offre una lente da cui osservare gli angoli bui, un modo nuovo di stare nel mondo e nelle proprie circostanze, qualsiasi esse siano.
Lasciarsi andare alla sensualità di un pensiero significa accogliere la vastità del possibile.
E in questo, la creatività è sorella della sensualità: è la capacità di rispondere alla vita aprendo lo sguardo, cercando strade diverse, vedendo le potenzialità di una situazione anziché i suoi limiti.


venerdì 19 settembre 2025

"Diario dalla terra di mezzo" di Girolamo Gangemi edito Dialoghi Edizioni.

"Diario dalla terra di mezzo" di Girolamo Gangemi edito Dialoghi Edizioni.



La poesia, quando è vera, non ha bisogno di orpelli o di una lussureggiante retorica per colpire dritto al cuore. Lo dimostra in modo esemplare la nuova raccolta di Girolamo Gangemi, "Diario dalla terra di mezzo", edita da Dialoghi Edizioni. L'opera si presenta come un profondo e intimo diario poetico, un viaggio interiore che si svolge in un luogo immaginario e al tempo stesso universale: una "terra di mezzo" sospesa tra polarità opposte.

​Come sottolineato nell'accurata prefazione a cura del professor Franco Mileto, questo spazio letterario è un ponte che collega il cielo e la terra, il sublime e il gretto, la fede e la ragione. È la dimora dell'anima, dove il poeta si confronta con il divario tra ciò che è e ciò che aspira a essere. Gangemi, forte di un percorso poetico già costellato di successi, tra cui il "Premio Pomezia" e il "Memorial Guerin Cittadino", sceglie una scrittura che è l'antitesi dell'eccesso lirico. Il suo stile è asciutto, essenziale, a tratti quasi pragmatico, e rifiuta qualsiasi forma di esibizione verbale.
​Gangemi osserva il mondo con occhi disincantati e piedi saldamente piantati nel "qui e ora". La sua poesia non è un'evasione dalla realtà, ma un modo per affrontarla. C'è un'ironia sottile che permea i versi, un velo di sagacia che alleggerisce il peso delle riflessioni esistenziali, rendendole più accessibili e immediate. L'autore non si limita a raccontare, ma cerca un coinvolgimento emotivo con il lettore. Lo fa recuperando il significato originario della parola, intesa non solo come suono o immagine, ma come strumento etico ed estetico. In un'epoca segnata dall'individualismo, la sua poesia riscopre un senso "corale del vivere" che oggi sembra perduto, invitandoci a ritrovare il legame con gli altri e con il mondo che ci circonda.
​All'interno di questa raccolta, alcune poesie risuonano in modo particolare. "Vedersi dentro" e "Alibi" sono un potente invito all'introspezione e a un'onestà radicale con se stessi. "Anni verdi" è una toccante rievocazione della giovinezza, un affresco di memorie che si svelano con una delicatezza sorprendente. La poesia dedicata a "La ragazza dall'orecchino di perla di Vermeer" dimostra la capacità del poeta di dialogare con l'arte, cogliendo l'anima di un capolavoro per farne uno specchio di emozioni e riflessioni personali.
​Ma è nella poesia dedicata a "A mio figlio Giovanni" che l'opera raggiunge uno dei suoi apici emotivi. In ogni verso, in ogni singola parola, si percepisce l'amore profondo di un padre, un sentimento che si confronta con le preoccupazioni per il futuro e i cambiamenti della vita. È una poesia che tocca corde universali, portando il lettore a una consapevolezza essenziale: la vita è una sola e va vissuta in ogni istante, con pienezza e coraggio, nel suo "hic et nunc".
​In conclusione, "Diario dalla terra di mezzo" non è solo una raccolta di poesie, ma un percorso di crescita e di consapevolezza. È un'opera schietta, sincera e priva di fronzoli, che si offre al lettore come una guida per riflettere sulle complessità dell'esistenza e trovare un proprio equilibrio. La voce di Girolamo Gangemi è limpida e diretta, una voce che ci ricorda il valore intrinseco della parola e la bellezza di vivere la vita, in tutte le sue sfumature. È un'opera che merita di essere letta e meditata, perché offre spunti preziosi e la rara sensazione di essere tornati a casa.

Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni 1 Tappa del blog tour


Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni




sinossi

«Ho voglia di uscire stasera, di svagarmi un po’… passeggiate, sigarette, solito bar, whiskey torbato e mezz’oretta di jazz al club che frequento da anni. Questa sera il maestro WhiteLight alla chitarra sta proponendo un disco di Miles Davis in chiave blues. Nonostante tutto stia filando liscio, al terzo bicchiere di Ardbeg il lavoro riaffiora prepotente nelle sinapsi cerebrali e porta a galla ricordi, emozioni, odori, déjà vu, situazioni passate che mi distraggono e mi cambiano l’umore. È sempre così nel mio dannato settore. Di cosa mi occupo? Sono un avvocato per organizzazioni private, ma non frequento mai i tribunali: il mio ambiente è la politica. Perché? Sono un lobbista. In cosa consiste il mio compito? Faccio cose, vedo gente…»



È un lobbista. Classe 1957. Felicemente divorziato, etero. Vive sul mare. Astemio, tranne che di belle donne. E questo è il suo primo e ultimo romanzo.

domenica 7 settembre 2025

Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia di Mario Caligiuri Editore Luiss University Press.

MALEDUCATI 

Educazione, disinformazione e democrazia in Italia. 

Mario Caligiuri 

 Luiss University Press.


Recensione a cura del Prof. Franco Mileto


Il saggio di Mario Caligiuri, "Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia.", edito da Luiss University Press, si configura non solo come una lucida e impietosa analisi dello stato del sistema formativo italiano, ma anche come un manifesto politico che intende riportare l’educazione al centro del dibattito nazionale, quale perno ineludibile per la sopravvivenza stessa della democrazia. L'opera, caratterizzata da un approccio interdisciplinare che spazia dalla pedagogia alla sociologia, dalla storia alla teoria della comunicazione, rappresenta una diagnosi severa e un accorato j'accuse contro un trentennio di riforme miopi, deriva culturale e disimpegno intellettuale. 

Caligiuri costruisce la sua argomentazione seguendo una logica a cerchi concentrici, partendo dal quadro globale per poi stringere il focus sulla specificità italiana e, infine, sulla crisi interna alla stessa disciplina pedagogica. I capitoli iniziali definiscono la tesi di fondo: l'esistenza di un nesso costitutivo e inscindibile tra la salute del sistema educativo e la qualità della democrazia. L'autore riprende il classico dibattito tra Dewey e Lippmann, concludendo amaramente che, nella società contemporanea dominata dalla globalizzazione e dagli algoritmi, la visione realistica di un'opinione pubblica manipolabile ("gregge da guidare") appare tragicamente più aderente alla realtà. In questo scenario, la disinformazione emerge non come un fenomeno collaterale, ma come la principale emergenza educativa e democratica, un campo di battaglia per il controllo delle menti. Il cuore del saggio è dedicato alla disamina della storia recente d'Italia.

Caligiuri traccia una "breve storia della disinformazione politica in Italia", dimostrando come la manipolazione mediatica e la costruzione di narrazioni distorte siano una costante, dall'Unità d'Italia alla Seconda Repubblica. Questa tendenza si è esasperata con l'avvento di un sistema politico-mediatico che, dagli anni '90, ha privilegiato la propaganda e la semplificazione binaria (amico/nemico) a scapito della complessità. Parallelamente, l'autore analizza il "ventennio di riforme scolastiche" del XXI secolo come un susseguirsi caotico di interventi privi di visione, spesso contraddittori e sistematicamente ignari dei "tempi insostenibili delle riforme", ovvero della natura intrinsecamente lenta dei processi educativi. I risultati di questa politica, come evidenziato nel capitolo "Madamina, il catalogo è questo", sono disastrosi: analfabetismo funzionale, divari territoriali abissali e un generale abbassamento delle competenze critiche. 

La parte più provocatoria e scientificamente rilevante del saggio è la critica rivolta alla stessa comunità accademica dei pedagogisti. Caligiuri denuncia l'adozione di una "antilingua", un gergo accademico astruso, autoreferenziale e lontano dalla realtà concreta della scuola, che genera una "antipedagogia". Si interroga provocatoriamente sulla scientificità della disciplina, suggerendo che essa sia piuttosto un campo di studi interdisciplinare, un'"inferma scienza" che ha smarrito la sua responsabilità sociale. Il capitolo sul "non dibattito pedagogico italiano" è un atto d'accusa durissimo: l'accademia pedagogica viene descritta come un mondo ripiegato su se stesso, concentrato su liturgie convegnistiche e dinamiche concorsuali, incapace di incidere sul dibattito pubblico e di offrire soluzioni concrete alle sfide epocali. All'interno di questa struttura di tono diagnostico, emergono alcune tesi di forte impatto speculativo. Una di queste riguarda la diabolica spirale nella quale sono intrecciate crisi educativa e crisi democratica. 
L’assunto è che un'istruzione di bassa qualità produce cittadini incapaci di pensiero critico e, di conseguenza, facilmente manipolabili. Questo indebolisce la democrazia, riducendola a una mera procedura elettorale e favorendo l'ascesa di élite inadeguate. Tali élite, a loro volta, perpetuano il ciclo promuovendo politiche educative inefficaci che privilegiano il consenso a breve termine sull'investimento a lungo periodo.

Tutto ciò inevitabilmente conduce alla Società della Disinformazione. Caligiuri identifica la combinazione tra un eccesso di informazioni irrilevanti e un basso livello di istruzione sostanziale come il cortocircuito cognitivo che definisce la nostra epoca. L'educazione, in questo contesto, non deve più limitarsi a trasmettere nozioni, ma deve fornire gli strumenti per "sapere cosa ignorare", per selezionare le informazioni rilevanti e sviluppare un pensiero critico come principale difesa contro la manipolazione. Altrimenti ci si dovrà consegnare al facilismo amorale e alla falsa uguaglianza. L'autore critica l'eredità di un certo pensiero post-sessantottino che, nel tentativo di democratizzare la scuola, ha generato un "facilismo amorale", abbassando le aspettative e confondendo il diritto allo studio con il diritto al titolo di studio. Questo, anziché ridurre le disuguaglianze, le ha aggravate, penalizzando soprattutto gli studenti provenienti da contesti svantaggiati, per i quali una scuola esigente e basata sul merito rappresenterebbe l'unica vera leva di mobilità sociale. Nonostante l’impietoso rigore della diagnosi, il saggio non si esaurisce nella critica. 

Nelle conclusioni e nel capitolo dedicato al suo personale contributo, Caligiuri avanza una proposta organica, una "pedagogia per il XXI secolo". Questa deve essere una "pedagogia della comunicazione", consapevole della mutazione antropologica dello "studente a più dimensioni" (fisico, virtuale, potenziato) e pronta ad affrontare le sfide dell'intelligenza artificiale. L'autore propone inoltre una "pedagogia meridiana", un modello educativo per il Sud Italia che ponga il merito come antidoto al clientelismo e come strumento per colmare i divari territoriali. Il punto d'arrivo è l'invocazione di una "pedagogia della nazione": un progetto culturale e politico che faccia dell'educazione la priorità strategica per ricostruire il tessuto civile e democratico del Paese. 

Il saggio evidenzia indiscutibili punti di forza. Intanto il suo valore principale risiede nella capacità di connettere ambiti solitamente trattati separatamente, offrendo una visione d'insieme potente e coerente. Poi, il lavoro si distingue per il coraggio di una critica radicale rivolta non solo alla politica, ma anche al mondo accademico (ovvero al mondo dell’autore), mettendone a nudo le debolezze e l'irrilevanza. Infine, la rigorosa, puntuale ricostruzione storica della disinformazione in Italia fornisce profondità e solidità all'analisi del presente. Qualcuno ha mosso qualche riserva per un larvato "declinismo", che rischierebbe di sottovalutare le sacche di eccellenza e innovazione che pure esistono nel sistema educativo italiano, ma sarebbe bastato pensare alla vicenda umana e professionale di Mario Caligiuri, da sempre impavidamente e spericolatamente schierato sulla trincea dell’innovazione e della sperimentazione, per fugare ogni ipotesi di rassegnato fatalismo. Piuttosto, è da annotare che per ora la proposta di una "pedagogia della nazione" rimane più un'intuizione e una direzione di marcia che un progetto compiutamente definito, lasciando aperti numerosi interrogativi sulle sue concrete modalità di attuazione. Ciò non toglie che questo sia un libro necessario, che intercetta e articola con chiarezza le ansie di un'epoca segnata dalla crisi delle istituzioni e dalla sfiducia nella conoscenza, ma soprattutto apre una pista che richiederà un auspicabile e poderoso lavoro collettivo.
 
In conclusione, "Maleducati" di Mario Caligiuri è un saggio destinato a diventare un punto di riferimento nel dibattito pedagogico italiano. 
È un'opera che scuote, provoca e costringe a pensare, il cui merito più grande è quello di elevare la questione educativa dal rango di problema settoriale a questione politica per eccellenza, indicandola con forza come il terreno decisivo su cui si giocherà il futuro della democrazia italiana. Un testo imprescindibile, quindi, per educatori, accademici, decisori politici e per ogni cittadino che abbia a cuore le sorti del Paese.


Prof. Franco Mileto