Oggi il Blog partecipa alla penultima tappa del Blog Tour "LE CRONACHE DELLE PRINCIPESSE ADDORMENTATE" di Giancarlo Attili per Infinito Edizioni.
#3 tappa. “Le eterotopie
inquietano, senz'altro perché minano segretamente il linguaggio, perché vietano
di nominare questo e quello, perché spezzano e aggrovigliano i luoghi comuni.”
(Michel Faucalt, in “Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane”).
Per dare evidenza della condizione della donna
nella società di oggi (come peraltro in quella di ogni tempo) sarebbero
sufficienti le cronache quotidiane. Si potrebbero anche ricordare illustri
donne del passato che si sono ribellate e che sono state per questo trattate
come meretrici, pazze o streghe. L’obiettivo non era però raccontare la nuda
cronaca o scrivere agiografie di martiri e di sante. È per questo motivo che
tutte le vicende narrate, seppure ispirate a fatti e persone reali oppure a
personaggi della letteratura, sono dislocate nei luoghi indeterminati della
fantasia: un regno lontano, un castello, un villaggio sperduto nella foresta.
Il luogo sembra apparentemente un “altrove”, un “non qui”, e il momento della
storia “un tempo lontano”, un “non ora”. Ma è solo un inganno: tutto ciò accade
sotto i nostri occhi, qui e ora, nel freddo specchio della nostra abitudine che
si veste di indifferenza.
Questo è il regno della fantasia: Eterotopia.
Essa è il luogo/non luogo dove l’immaginario incontra il reale; è il cimitero
dove il mondo dei vivi si riflette in quello dei morti; oppure è la prigione
che separa il buono dal cattivo; è il manicomio da dietro le cui sbarre ci
osservano quelli che abbiamo giudicato pazzi. I confini di Eterotopia passano
nella nostra coscienza, separando la realtà dall’immaginazione, la follia dalla
ragione, la bontà dalla cattiveria.
In questo mondo fantastico si trovano piccoli e
grandi regni, palazzi maestosi come quello di Atlante e fortezze come il
castello interiore di Teresa de Avila, oppure varchi proibiti come la porta
davanti alla legge di Joseph K. Il paesaggio è ricolmo di foreste in cui
perdersi e di sentieri lungo i quali ritrovarsi, di giardini incantati, caverne
abitate da streghe, tribunali e patiboli, templi con i loro maghi e sacerdoti,
villaggi sperduti dentro foreste inestricabili.
È questo un territorio infido: vi è facile
perdersi, per scelta, per noia, per vizio o per sfuggire a qualcuno o qualcosa.
È questo il paesaggio inselvatichito dove gli uomini regrediscono a livello
bestiale, un luogo dove le donne, però, anche dopo la sofferenza, nonostante
tutto, sono invece sempre capaci di ritrovarsi.
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