giovedì 25 febbraio 2021

Seconda Tappa del Blog Tour "VODKA SIBERIANA" di Veronica Tomassini.

Oggi seconda tappa del blog tour del libro VODKA SIBERIANA di Veronica Tomassini.

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Conosciamo meglio i personaggi del romanzo:

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Personaggi

L’io narrante illumina un vocativo, oh tu, ovvero un alter ego. Lei – che è già una donna adulta - scrive a lei ragazza. Le racconta gli errori, i suoi medesimi, le speranze, le innocenze tradite. Dunque la seconda persona singolare dovrebbe essere il personaggio principale, in realtà è l’attraversamento che illumina gli altri, i veri protagonisti. Rimangono fissi, come dentro un’orbita di drammatica resistenza, al passato di coercizione, sono uomini e donne provenienti dall’Est Europa, dopo la caduta del Muro; al presente, coevo ma implacabile, su cui precipitano da seclusi, rifiuto repellente secondo la consuetudine ingrigita di un Occidente pingue, distratto, annoiato. C’è la Creaturina, donna capace di indurre alla conversione, portatrice del segreto illuminato, di una mistica quotidiana, una santa metropolitana, inchiodata a un male degenerativo, e a un letto, un crocifisso; nondimeno la sua casa è un santuario di misericordia, la tana del povero, un vestibolo di perdono e carità; c’è il professore, colto e malato di schizofrenia, l’unico a detenere tuttavia un certo piglio pragmatico che attenga al mondo, eppure commovente e catartico. C’è il siberiano, bello, sregolato, violento, ubriaco. L’uomo per il quale l’universo intero si compie e si distrugge agli occhi di lei, la ragazzina borghese, il parametro dentro cui misurare l’indulgenza o una criminosa ottusità. Per il siberiano, l’empio (ma non lo era, soltanto era uno strumento di conversione, ancora un olocausto sull’altare), succedono avvenimenti miracolosi, fino a tangere cielo e terra, nei fatti minuti, eppur straordinari.

E ci sono tutti gli altri, i vagabondi del parco, i bevitori, i profeti delle panchine. I senza terra. In questo straziato universo capovolto, a tratti grottesco e mostruoso similmente alla pozzanghera in cui Gogol restituisce la tragedia umana, sfigurata e patetica, si snoda una trama senza trama; una non evoluzione dei personaggi abbarbicati a una sfiga storica, a un castigo ineluttabile che non dimenticherà alla fine – per una strana ragione – di consegnare la vera alba, la resurrezione dell’uomo.

Lei, o l’alter ego, rovina nelle insidie di una vicenda in apparenza sentimentale, un amore. In realtà rovina nella perdizione dapprima, nel caos alticcio di un pezzo d’Europa, in un osceno carosello di perdenti, per poi realizzare che la vicenda apparentemente sentimentale sarebbe diventata un capitolo della Storia, della grande storia: una ricaduta universale, sulle nostre esistenze; lo svolgimento di spostamenti epocali, la prima biblica transumanza di uomini, alla fine del secolo scorso. Un cambiamento persino antropologico che conformò nelle nostre rive un connotato preciso, un disordine, un cambiamento del profilo finanche delle nostre comunità.

I personaggi rimangono fissi, dentro un’orbita dicevo, stolti e miserabili; dentro una raggiera, celestiali come cherubini.

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