domenica 16 novembre 2025

Macchie di caffè sui miei libri di Stefania Lucchetti edito Albatros 1 Tappa del Blog Tour

 


“Macchie di caffè sui miei libri” riflette le molte “vite” che ho vissuto: studi, traslochi tra città e continenti, esperienze professionali, la genitorialità, le gioie e le difficoltà quotidiane. Ogni contesto, spesso complesso, con cui mi sono relazionata mi ha insegnato a cogliere le sfumature dei pensieri, delle emozioni e delle relazioni. Uno dei temi più difficili è stato l’ambiguità emotiva legata alla maternità e alla conciliazione tra vita personale e professionale. Poesie come “Eva lavora di nascosto” o “Eva e Lilith” danno forma a questa dualità.   Anche le esperienze più difficili da definire hanno trovato voce: il libro parla anche di lutto, di difficoltà personali, di amore e delle trasformazioni dell’età.

Vorrei che i lettori trovassero nelle mie parole uno spazio sicuro, un luogo dove poter sostare senza fretta. Una breve oasi di pensiero nella vita quotidiana nella quale siamo immersi in un flusso costante di informazioni. Mi piacerebbe che le poesie venissero lette casualmente, mentre si beve un caffè o prima di addormentarsi, e che lasciassero una traccia sottile, uno spunto di riflessione che risuoni anche dopo aver chiuso il libro. Non cerco di donare risposte definitive nei miei versi, ma spero che chi legge possa sentirsi meno solo nei propri pensieri, nelle proprie fragilità, nelle sfumature delle proprie emozioni.

martedì 11 novembre 2025

Così amano le donne. Un caso per la commissaria Lara Alfieri, tra passioni e segreti” – romanzo di Laura Serena. edito Bookabook 3 Tappa del blog tour

Così amano le donne. Un caso per la commissaria Lara Alfieri, tra passioni e segreti” – romanzo di Laura Serena



Coaching: Iride spiega le fasi che attraversa una relazione. E il tema dei valori.


Nel romanzo, accanto alle indagini sulla morte del professor Righetti e alle tematiche sentimentali, trovano spazio anche elementi legati al mondo del coaching, che arricchiscono la narrazione con spunti di riflessione profonda. Il coaching, infatti, è un percorso di crescita personale o professionale in cui il coach accompagna il cliente (detto coachee) verso lo sviluppo delle proprie potenzialità e il raggiungimento di obiettivi significativi. Si tratta di un processo strutturato, basato sull’ascolto attivo e su domande mirate, che stimolano la consapevolezza e l’azione. A differenza di altre forme di supporto, il coaching non offre soluzioni preconfezionate, ma aiuta la persona a trovare dentro di sé le risposte più autentiche, promuovendo autonomia, responsabilità e fiducia nelle proprie risorse.

Nel romanzo, Lara Alfieri, commissaria di polizia e protagonista della storia, utilizza proprio alcuni strumenti del coaching per aiutare Monica, la sua amica che sta vivendo una relazione dolorosa e destabilizzante con Francesco, un uomo che si rivelerà essere un narcisista patologico. Lara, con sensibilità e lucidità, pone a Monica quelle che nel coaching vengono definite “domande potenti”: quesiti profondi, capaci di stimolare una riflessione autentica e aprire nuove prospettive. Sono domande che non suggeriscono risposte, ma invitano a guardarsi dentro, a mettere in discussione convinzioni radicate, a esplorare desideri e bisogni spesso ignorati.

Attraverso questi dialoghi, Lara fa emergere una verità spesso trascurata: mentre nella sfera professionale siamo abituati a porci domande, a definire obiettivi e criteri di successo, nella vita sentimentale tendiamo a lasciarci guidare dall’istinto, senza interrogarci davvero su cosa vogliamo, su quali siano le qualità che cerchiamo in un partner, o che tipo di relazione desideriamo costruire. Lara invita Monica — e indirettamente anche il lettore — a fermarsi, a riflettere, a chiedersi: “Questa relazione mi fa stare bene? Mi rispecchia? Mi valorizza?” Sono interrogativi che possono segnare l’inizio di un cambiamento, di una presa di coscienza che porta a scelte più consapevoli.

A rafforzare questo messaggio interviene anche Iride, l’anziana vicina di casa di Lara, vedova da alcuni anni che, con delicatezza e saggezza racconta alla protagonista le tappe fondamentali del suo lungo matrimonio felice. Le sue parole, intrise di esperienza e autenticità, restituiscono il valore di un rapporto costruito nel tempo, fondato sul rispetto reciproco, sulla condivisione di valori e sull’impegno quotidiano. Il suo racconto diventa un contrappunto prezioso alla storia di Monica, mostrando che l’amore sano esiste, ma richiede consapevolezza, dedizione e la capacità di scegliere con lucidità.

Attraverso queste diverse voci femminili — Lara, Monica, Iride — il romanzo offre al lettore non solo una trama coinvolgente, ma anche uno spazio di riflessione personale. Invita a interrogarsi sulle proprie relazioni, sui propri desideri e sulle scelte che compiamo, spesso in modo automatico. E lo fa con delicatezza, senza giudizio, ma con l’intento di aprire uno spiraglio verso una maggiore consapevolezza affettiva.


lunedì 10 novembre 2025

Estinzione di Francesco Mazza edito La Nave di Teseo Terza tappa del blog tour




3. IL PROTAGONISTA, SILVIO: ALLEGORIA DI UNA CIVILTA’ IMPRODUTTIVA

Il terzo nucleo tematico di Estinzione è il lavoro. 

Silvio lavora in un’agenzia di comunicazione: produce report, slide, riunioni, parole che non generano nulla di reale. È la caricatura perfetta di un’intera società che non produce beni ma simulacri, non cose ma segni. L’economia post-terziaria è il contesto in cui il protagonista si consuma: un lavoro senza utilità, che esiste solo per tenere in piedi il gioco.


Qui il romanzo trova la sua forza satirica: colleghi ridotti a cliché (la collega sempre a dieta, il creativo col cappello, il capo che cita slogan motivazionali). Non è solo caricatura: è la rappresentazione fedele di una realtà in cui l’ufficio è teatro, la produttività è finzione, e l’unico vero ruolo del dipendente è consumare il salario. Marx aveva parlato di plusvalore; oggi siamo oltre: il lavoro è puro teatro di sopravvivenza, una messinscena necessaria a mantenere in moto l’apparato.


Silvio è sterile biologicamente (lo scopre attraverso uno spermiogramma), ma anche socialmente: non genera nulla, né figli né opere. È il simbolo di una civiltà che ha smarrito la capacità di creare, capace, non a caso, di produrre solo nostalgia. Non è un fallimento individuale, è il destino di tutti. L’ufficio open space, con i suoi rituali inutili, diventa l’allegoria di un mondo che si finge produttivo mentre in realtà consuma se stesso.


Questo tema dialoga con gli altri due: il tradimento e gli ordigni. Se la coppia è sterile, se la tecnologia è sterile, anche il lavoro lo è. Tutto converge verso l’estinzione: personale, affettiva, collettiva. Silvio diventa così il testimone di un’epoca che non crede più nel futuro, ma solo nella sopravvivenza quotidiana. 

È un personaggio tragico e comico insieme, un moderno Zeno che resiste solo continuando a registrare la propria inutilità.


giovedì 6 novembre 2025

Così amano le donne. Un caso per la commissaria Lara Alfieri, tra passioni e segreti” – romanzo di Laura Serena 2 Tappa per BLOGTOUR

 


Così amano le donne. Un caso per la commissaria Lara Alfieri, tra passioni e segreti” – romanzo di Laura Serena

Ottobre 2025

TEMATICA 2 per BLOGTOUR

 

L’amore sano contrapposto all’amore tossico.

Nel romanzo prende forma una contrapposizione potente e significativa tra due modelli di relazione di coppia: da un lato l’amore sano e rispettoso che lega la commissaria Lara Alfieri al suo compagno Marco; dall’altro, il legame tormentato e distruttivo tra Monica e Francesco, un uomo egoista e manipolatore, che poi si rivelerà per quello che realmente è: un narcisista patologico.

Marco incarna la figura di un partner presente, empatico, capace di ascoltare e di sostenere Lara nei suoi momenti di fragilità, senza mai cercare di dominarla o sminuirla. Il suo amore si manifesta attraverso gesti concreti, rispetto dei tempi e degli spazi dell’altro, e una comunicazione aperta e sincera. Lara trova in Marco un alleato, non un antagonista. La loro relazione è fondata sulla fiducia reciproca, sulla condivisione e sulla capacità di affrontare insieme le sfide, senza perdere la propria individualità.

Al contrario, Monica vive un rapporto logorante con Francesco, un uomo manipolatore, egocentrico, incapace di provare empatia. Francesco esercita un controllo sottile ma costante, alternando momenti di apparente dolcezza a fasi di freddezza e distacco emotivo. La sua presenza nella vita di Monica non è fonte di stabilità, ma di confusione, insicurezza e dolore. Monica si ritrova spesso a dubitare di sé stessa, a giustificare comportamenti ingiustificabili, a vivere in uno stato di perenne allerta emotiva. La sua autostima si sgretola lentamente, vittima di un amore che non nutre, ma consuma.

Questa differenza si riflette anche negli stati d’animo delle due protagoniste: Lara, pur vivendo momenti di dubbio e di fragilità, conserva una base emotiva solida, alimentata da un amore che la sostiene. Monica, invece, appare sempre più smarrita, intrappolata in una spirale di sofferenza che la isola e la indebolisce. Ma proprio in questo contesto, emerge un altro tema centrale del romanzo: il valore dell’amicizia femminile.

Lara, Alice e Sara si stringono attorno a Monica con affetto sincero, offrendole ascolto, comprensione e supporto. La loro presenza diventa un faro nella tempesta, un rifugio emotivo in cui Monica può finalmente sentirsi accolta senza giudizio. Questa rete di affetti autentici non solo le permette di riconoscere la natura tossica della sua relazione, ma le dà anche la forza per iniziare un percorso di consapevolezza e rinascita.

Il romanzo, dunque, non si limita a raccontare due storie d’amore, ma esplora in profondità le dinamiche psicologiche che le sottendono, mostrando quanto sia importante saper distinguere tra ciò che ci fa crescere e ciò che ci ferisce, tra chi ci ama davvero e chi ci usa per colmare i propri vuoti.

domenica 2 novembre 2025

Estinzione di Francesco Mazza edito La Nave di Teseo Seconda tappa del blog tour




2. GLI “ORDIGNI” E LA SOCIETA’ DESTINATA ALL’ESTINZIONE

Il secondo grande tema di Estinzione riguarda gli ordigni: smartphone, social media, tecnologia. Oggetti apparentemente innocui che diventano, nella narrazione, strumenti di omologazione e pefino di morte. Silvio li osserva con lo stesso sospetto con cui Svevo guardava la sigaretta: un vizio universale che promette piacere ma prepara la catastrofe.


Il romanzo riprende e rilancia il paradosso di Fermi: se l’universo è pieno di civiltà, perché siamo soli? La risposta che affascina Silvio è che tutte le civiltà, arrivate a un certo livello tecnologico, si sono estinte. Non per guerre atomiche, ma per un logoramento interno: l’eccesso di progresso elimina il libero arbitrio, sostituisce il pensiero con algoritmi, spegne il desiderio. In altre parole, ci si spegne di noia. È un’estinzione non esplosiva ma entropica, lenta, silenziosa, perfettamente in linea con la nostra epoca iperconnessa.


Gli smartphone nel romanzo sono descritti come ordigni perché hanno la potenza distruttiva delle armi ma la subdola forma dell’accessorio quotidiano. Non esplodono, ma anestetizzano. Non uccidono, ma rendono sterile. L’individuo cessa di scegliere, di desiderare, di rischiare. Tutto si appiattisce nella ripetizione: selfie, post, like. È la catena di montaggio applicata all’anima.


In questo senso Estinzione non è solo un romanzo privato, ma un romanzo politico. Denuncia la dipendenza digitale come nuova forma di alienazione, più radicale di quella marxiana, perché non produce più nemmeno conflitto. Non c’è padrone e non c’è schiavo, c’è solo un flusso continuo di contenuti che ci consuma dall’interno. 

L’estinzione non è più un rischio remoto: è già in atto, ogni volta che scrolliamo lo schermo.


giovedì 30 ottobre 2025

Così amano le donne. Un caso per la commissaria Lara Alfieri, tra passioni e segreti” – romanzo di Laura Serena PRIMA TAPPA DEL BLOG TOUR

 

Così amano le donne. Un caso per la commissaria Lara Alfieri, tra passioni e segreti” – romanzo di Laura Serena



 

Il personaggio della Commissaria Lara Alfieri: come si evolve

Lara Alfieri è una commissaria di polizia. Ha 35 anni e da due vive una relazione stabile e appagante con Marco, 36 anni, manager ambizioso e in piena ascesa professionale. Lara vive in centro a Milano, a pochi passi dal commissariato, immersa in quell’atmosfera metropolitana che riflette perfettamente il suo stile di vita dinamico, ma anche sofisticato.

Nel lavoro, Lara è una professionista determinata: metodica, lucida e analitica, dotata di un acume investigativo che le permette di cogliere anche le sfumature. La sua fermezza e la capacità di agire con prontezza anche sotto pressione, le permettono di mantenere il sangue freddo anche nelle situazioni più difficili e pericolose. Lavora con una squadra affiatata, tutta al maschile, che la stima e la rispetta.

Non si lascia intimidire da criminali spietati né dalle situazioni ad alto rischio: affronta ogni caso con una calma strategica e una determinazione incrollabile, guidata da una mente razionale.

Nel corso del romanzo, Lara si troverà a fronteggiare individui privi di scrupoli, immersa in indagini complesse e pericolose. La sua tenacia e la capacità di mantenere il controllo emotivo saranno fondamentali per portare avanti l’inchiesta sulla misteriosa morte del professor Righetti, stimato docente dell’Università Statale di Milano. Ma accanto alla poliziotta risoluta, emerge anche la donna, con le sue fragilità e insicurezze. Nel privato, Lara mostra un volto più umano e vulnerabile. Con Marco, l’uomo che ama, non riesce sempre a mantenere quella freddezza analitica che la caratterizza sul lavoro. I momenti di tensione nella relazione la mettono a nudo, rivelando insicurezze e timori che molte donne possono riconoscere come propri. È in questi frangenti che Lara si interroga su sé stessa, sul significato dell’amore, sulla paura di perdere ciò che ha costruito. L’imminente trasferimento di Marco a Londra per una prestigiosa promozione la costringe a fare i conti con le proprie emozioni e con il senso di instabilità che ne deriva.

Lara è una donna completa, che incarna la complessità dell’essere femminile: forte e autorevole nel lavoro, sensibile e autentica nella vita privata. Ama la moda, le scarpe con i tacchi, le serate nei locali milanesi con le sue amiche fidate, Alice, Monica e Sara, che rappresentano un punto fermo nella sua esistenza. Ha una vita sociale vivace, fatta di confidenze, risate e momenti di condivisione che le permettono di ricaricarsi e ritrovare sé stessa.

Nel romanzo, il lettore seguirà Lara non solo nella sua indagine, ma anche nel suo percorso interiore. Fondamentale sarà il sostegno delle sue amiche del cuore, in particolare di Alice, ma anche della saggia Iride, l’anziana vicina di casa, che con la sua esperienza e la sua dolcezza aiuterà Lara a guardarsi in profondità.  Sarà un viaggio tra le ombre del giallo e quelle dell’anima, tra la ricerca della verità e quella di un equilibrio personale, fino a  trovare la forza per scegliere il proprio destino.

 

lunedì 27 ottobre 2025

Estinzione di Francesco Mazza edito La nave di Teseo Blog Tour 1 Tappa

 

 Estinzione di Francesco Mazza edito La nave di Teseo Blog Tour  1 Tappa



1.  TRADIMENTO E LUSSURIA DEL DOLORE

Al centro di Estinzione si trova un paradosso sentimentale: il tradimento come detonatore di piacere. Silvio, il protagonista, scopre che la sua compagna Alisia lo tradisce con un altro. Invece di troncare, la scoperta lo spinge a un’esperienza erotica e mentale più intensa. È qui che nasce il concetto di “lussuria del dolore”, una categoria forse inedita nella letteratura italiana: il piacere che nasce non dal possesso, ma dalla perdita.


Il dolore inflitto da Alisia diventa la condizione necessaria per l’orgasmo del protagonista. Senza il pensiero del tradimento, Silvio non riesce più a eccitarsi; con quel pensiero, l’orgasmo è immediato. È una perversione consapevole, che non si limita a descrivere la gelosia, ma la rovescia. Una condizione estrema, ma riconoscibile: chiunque abbia sperimentato l’amore tossico conosce l’ambiguità tra attrazione e repulsione, piacere e distruzione.

La “lussuria del dolore” è anche un dispositivo narrativo: permette di tenere insieme l’ossessione privata e la riflessione universale. Silvio non è semplicemente un uomo tradito, è un uomo che ha bisogno della ferita per sentirsi vivo. È l’opposto della psicologia consolatoria della nostra epoca, quella che predica la resilienza, la guarigione, il “volersi bene”. Qui, invece, il male diventa risorsa, quasi un’estetica. In questo senso, il romanzo dialoga con autori come Houellebecq o Bataille, ma lo fa con una voce italiana, ironica, sporca, capace di trasformare l’osceno in saggio e il saggio in pornografia.

Il tradimento, insomma, non è solo un fatto di trama, ma il cuore tematico del libro. Rivela la dipendenza affettiva, il cortocircuito tra piacere e dolore, la fragilità di un uomo che cerca il sublime nella rovina. È un tema che scandalizza e insieme affascina: perché nessuno può dirsi del tutto estraneo alla vertigine di amare ciò che ci distrugge.

lunedì 13 ottobre 2025

La poesia è cyberpunk di Stefania Lucchetti edito Albatros Seconda tappa del blog tour

 La poesia è cyberpunk di Stefania Lucchetti edito Albatros   



In questo mondo di dati, di informazioni, di tempo che scivola via non abbiamo più il tempo di fermarci a pensare. La poesia costringe a fermarsi, per un tempo breve, e riflettere. Quella riflessione concisa, di impatto, porta poi a mantenere un pensiero e un’idea nel corso della giornata.

È per questo che in un mondo dove si legge sempre meno, le informazioni scorrono incessantemente (tema a cui ho dedicato molti pensieri ed un saggio – The Principle of Relevance, pubblicato a Hong Kong nel 2010), lasciando sempre meno tempo per riflettere, la poesia può diventare un rifugio di umanità.  La poesia offre un’occasione, breve come il tempo a disposizione, di pensiero profondo condensato, una piccola dosa di filosofia e meditazione, capace di interrompere e hackerare il flusso di informazioni e dati infiniti e spesso superficiali del nostro quotidiano. 

In La poesia è cyberpunk spero di offrire non solo parole, ma anche momenti di pensiero, chiavi di lettura per un universo emotivo complesso. Laddove ogni sentimento, anche i più intensi e apparentemente scomposti, hanno un posto e una voce diventando parte dell’essere, del fluire, del divenire, con la speranza di toccare corde segrete e risvegliare sentimenti nuovi, nel tempo breve di cui ciascuno dispone.


 

martedì 7 ottobre 2025

Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori. Terza tappa del blog tour

Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori.




Terza tappa:

Uno dei tratti fondamentali del romanzo è la sua ricostruzione storica rigorosa, necessaria per far emergere la figura di Alda e delle altre anconetane nella loro verità storica restituendo alla loro vicenda quell’eroismo e quel valore che un elemento d’invenzione avrebbe sminuito. Il risultato è che le figure realmente esistite spiccano per la loro umanità e si impastano con naturalezza ad alcuni personaggi d’invenzione (Milo, Laura, Pietro), in un contesto storico preciso, non “ispirato a fatti realmente accaduti” e poi adattati a quello che Manzoni definiva come “romanzesco”.



lunedì 6 ottobre 2025

La poesia è cyberpunk di Stefania Lucchetti edito Albatros Prima tappa del blog tour

 



Prima tappa: La poesia è cyberpunk

La scrittura, per me, nasce come gesto intimo e necessario: è il tentativo di trattenere ciò che scivola, di trasformare il quotidiano in significato, di offrire una voce a tutti i momenti della vita, anche quelli più confusi e ambigui.

Nei miei testi cerco di dare spazio a tutte le storie, emozioni e pensieri che sfuggono alle narrazioni lineari, ma che custodiscono il senso più profondo dell’esistenza.

Per me la poesia è un atto quotidiano. È la possibilità di rallentare lo sguardo dentro una realtà che ci costringe per sua natura alla superficialità e alla velocità.  La poesia quindi per me non è evasione, ma un ritorno radicale al presente, un modo per riconnettersi con ciò che accade intorno a sè. La poesia diventa così un esercizio di resistenza e cura: resistenza contro l’omologazione del pensiero, cura verso se stessi e gli altri tramite l’attenzione.  Un atto di presenza che costringe a fermarsi, ascoltare, nominare.

Scrivere significa aprire uno spazio di incontro. Non si tratta soltanto di esprimere la mia voce, ma di generare risonanze nell’altro: chi legge, a sua volta, porta le proprie esperienze e trasforma il testo in qualcosa di vivo e condiviso.   

Un elemento centrale del mio lavoro è anche la dimensione bilingue. La traduzione non è mai solo trasposizione linguistica, ma un esercizio di attraversamento: permette di scorgere sfumature nuove, di scivolare tra due identità linguistiche e culturali, di mettere in dialogo mondi diversi. Scrivere in due lingue significa moltiplicare gli orizzonti, e al tempo stesso ritrovare una radice comune nell’umano che ci unisce.

Scrivere poesie è per me un atto di creazione e rivelazione nello stesso tempo. Ogni parola scelta, ogni immagine evocata, cerca di costruire un ponte tra l’anima e il pensiero, un legame che trascende il tempo e lo spazio


 

mercoledì 1 ottobre 2025

Faccio cose vedo gente di Zeno Maria Pareli Seconda tappa del blog tour

 


1.    Il rebus irrisolto dell’etica

 

Per raccontare e dipanare la matassa del rapporto tra lobbying ed etica, bisogna scomodare Dio e la barzelletta che si racconta su nostro Signore e i lobbisti.

Un lobbista riesce a organizzare un incontro con Dio. Risultato memorabile. Tronfio e smargiasso, si prepara per il meeting curando tutti i dettagli.

Al cospetto dell’Altissimo, con riverenza, esordisce: “Nostro Signore, so che hai pochissimo tempo e che sei super-impegnato. Voglio solo rivolgerti sommessamente tre domande”.

“Va bene. Dimmi pure figliolo…”

“Ma noi lobbisti saremo mai accettati dalla classe politica?”

“Sì, ma non durante la tua carriera.”

‘Fiuuuu, la prima è andata’ pensa il lobbista.

“Ma noi lobbisti saremo mai apprezzati dai media?” prosegue.

“Certamente” risponde Dio, “ma non durante la tua carriera.”

“E ora la terza e ultima” conclude l’uomo. “L’attività lobbistica sarà mai considerata una professione etica?”

Dio riflette qualche secondo e poi fa lapidario: “Sì, ma non durante la mia carriera”».

 

Ecco la storiella rappresenta bene le difficoltà di dipanare luoghi comuni e cliché sul modello comportamentale dei lobbisti; si arriva a sostenere apoditticamente che questa professione sia una professione a-etica e a-morale per definizione.


In realtà, non è così. Come gli avvocati, i notai, i commercialisti, gli ingegneri, gli architetti, ci sono professionisti seri e altri meno. Chi rispetta le regole, non solo del codice penale, ma di codici di condotta e del buon senso comune. E chi, impenitente, viola ogni legge e norme. Certo, chi ha a che fare quotidianamente con scelte politiche e pubbliche, con impatto su business e risorse finanziarie, deve essere molto più attento e scrupoloso del consueto. Deve quotidianamente confrontarsi e lavorare in team aiuta nel gestire situazione complesse nonché spesso delicate.


La killer app sono i “contenuti”: il lobbista che propone soluzioni e risposte sulla base di contenuti (e non maneggia solo con l’agenda e le “amicizie sottobracciste”) è sulla buona strada e non rischia di incappare in traffici di influenze illecite e quant’altro.

 

Per il resto, ci vorrà tempo e …magari una legge sul lobbying.

 

Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori - Seconda tappa del blog tour

 Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori.




Seconda tappa:

Un altro degli elementi fondamentali di questo racconto è la voce delle donne, vere protagoniste sia per coraggio, sia per capacità di sfruttare la loro “invisibilità” per farne la carta vincente del loro piano di fuga. Quasi un modo di affermare la loro forza a partire dal loro ruolo sociale. 

Infine, la resistenza vera delle Anconetane avviene nel più profondo “antimilitarismo”: non imbracciano fucili, ma ago e filo e realizzano un piano di fuga efficacissimo.

Piano che riesce grazie alla loro capacità di fare “rete” di unirsi: le donne di un intero quartiere di Ancona, il Pantano, prendono parte all’elaborazione di una fuga, strutturandone le fasi con grande abilità. È la capacità delle donne di realizzare una potentissima “sorellanza” che si rivelerà vincente.


lunedì 29 settembre 2025

Pomeriggi di amore sospeso di Stefania Lucchetti edito Albatros Seconda tappa del blog tour

 



Pomeriggi di amore sospeso

La creatività

La creatività è un’energia trascendente che connette il mondo interiore con quello esteriore. Ne ho scritto nella mia poesia Arte (inclusa nella mia precedente silloge Macchie di caffè sui miei libri (Albatros, 2024). Capace di abbattere ogni barriera e di tradurre le emozioni e i pensieri in forme tangibili e condivisibili, l’arte nel mio mondo non è solo un’espressione estetica, ma come un linguaggio universale e spirituale, una forza trasformativa e alchemica che dà voce a ciò che può essere difficile da esprimere in linguaggio mondano, e collega l’individuo all’universale.

L’arte prende il linguaggio dell’anima, spesso incomprensibile e ineffabile, e lo rende visibile e percepibile agli altri. Per questo è un mezzo di comunicazione tra due mondi, tra il visibile e l’invisibile, un luogo in cui l’anima si espande e si rivela portando alla luce storie altrimenti invisibili.

In “Pomeriggi di amore sospeso” racconto una storia d’amore. L’amore, in tutte le sue forme, è una forza universale e creativa, capace di plasmare e alimentare l’esistenza.  È il motore che spinge l’essere umano a crescere, esplorare, immaginare e creare. Che si tratti di amore per un’altra persona, per i figli, per la vita o per l’arte, questa forza alchemica ci permette di superare i nostri limiti e raggiungere nuove vette di espressione e realizzazione. L’amore, in ogni sua manifestazione, è il filo invisibile che intreccia le esperienze della nostra vita, dando loro significato e profondità e spesso è il motore che consente di raggiungere nuovi livelli di espressione e realizzazione.

giovedì 25 settembre 2025

Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni 2 Tappa del blog tour

 

Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni 2 Tappa del blog tour


Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni


 

Il rebus irrisolto dell’etica

Per raccontare e dipanare la matassa del rapporto tra lobbying ed etica, bisogna scomodare Dio e la barzelletta che si racconta su nostro Signore e i lobbisti.

Un lobbista riesce a organizzare un incontro con Dio. Risultato memorabile. Tronfio e smargiasso, si prepara per il meeting curando tutti i dettagli.

Al cospetto dell’Altissimo, con riverenza, esordisce: “Nostro Signore, so che hai pochissimo tempo e che sei super-impegnato. Voglio solo rivolgerti sommessamente tre domande”.

“Va bene. Dimmi pure figliolo…”

“Ma noi lobbisti saremo mai accettati dalla classe politica?”

“Sì, ma non durante la tua carriera.”

‘Fiuuuu, la prima è andata’ pensa il lobbista.

“Ma noi lobbisti saremo mai apprezzati dai media?” prosegue.

“Certamente” risponde Dio, “ma non durante la tua carriera.”

“E ora la terza e ultima” conclude l’uomo. “L’attività lobbistica sarà mai considerata una professione etica?”

Dio riflette qualche secondo e poi fa lapidario: “Sì, ma non durante la mia carriera”».

 

Ecco la storiella rappresenta bene le difficoltà di dipanare luoghi comuni e cliché sul modello comportamentale dei lobbisti; si arriva a sostenere apoditticamente che questa professione sia una professione a-etica e a-morale per definizione.


In realtà, non è così. Come gli avvocati, i notai, i commercialisti, gli ingegneri, gli architetti, ci sono professionisti seri e altri meno. Chi rispetta le regole, non solo del codice penale, ma di codici di condotta e del buon senso comune. E chi, impenitente, viola ogni legge e norme. Certo, chi ha a che fare quotidianamente con scelte politiche e pubbliche, con impatto su business e risorse finanziarie, deve essere molto più attento e scrupoloso del consueto. Deve quotidianamente confrontarsi e lavorare in team aiuta nel gestire situazione complesse nonché spesso delicate.


La killer app sono i “contenuti”: il lobbista che propone soluzioni e risposte sulla base di contenuti (e non maneggia solo con l’agenda e le “amicizie sottobracciste”) è sulla buona strada e non rischia di incappare in traffici di influenze illecite e quant’altro.

Per il resto, ci vorrà tempo e …magari una legge sul lobbying.

Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori Blog Tour 1 tappa

 Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi edito Mondadori



Le sarte della Villarey racconta il coraggio delle donne durante la guerra, che riescono a escogitare un piano tanto coraggioso quanto folle per salvare dalla deportazione nazista oltre 400 soldati italiani. È il racconto di chi, trovandosi in una situazione drammatica e a rischio della propria vita, non si volta indietro, ma afferra ago e filo e con il gesto che conosce a memoria salva delle vite.

Il romanzo è anche il racconto di un momento cruciale della nostra storia recente, il ’43, visto dal fronte interno, cioè da coloro che hanno vissuto la guerra stando a casa e affrontando il razionamento alimentare, il coprifuoco, l’occupazione nazista e hanno continuato a lavorare per il paese.

martedì 23 settembre 2025

Pomeriggi di Amore Sospeso di Stefania Lucchetti edito Albatros Prima tappa del blog tour

 

Pomeriggi di Amore Sospeso di Stefania Lucchetti edito Albatros 


La poesia è sensualità
In “Pomeriggi di amore sospeso” uso molto la sensualità come strumento di connessione, di comunicazione.  Penso che a volte durante il percorso della nostra vita smarriamo il significato profondo della sensualità. Non sappiamo più davvero cosa sia, ne siamo attratti ma fatichiamo a darle un senso e un significato.
La sensualità è l’arte del non detto.
È la grazia che si cela nei gesti non spiegati, nel linguaggio del corpo e dell’anima che sfugge alla logica lineare della spiegazione e del controllo della mente. È un modo di onorare la nostra umanità: custodi di movimento, presenza, emozione e pensiero, senza il bisogno di definire tutto, senza l’urgenza di spiegare ogni dettaglio.
La sensualità è l’attenzione a un momento, il respiro tra le parole, la pausa che racconta più di mille frasi, un gesto che non necessità di spiegazione.
La poesia è una purissima forma di sensualità in parola.
La poesia vive nel suggerito, nella metafora. E’ soglia, è invito. Non offre risposte: apre possibilità. Indica direzioni che non pretendono di essere uniche, ma che accendono pensieri, riflessioni, domande. Offre una lente da cui osservare gli angoli bui, un modo nuovo di stare nel mondo e nelle proprie circostanze, qualsiasi esse siano.
Lasciarsi andare alla sensualità di un pensiero significa accogliere la vastità del possibile.
E in questo, la creatività è sorella della sensualità: è la capacità di rispondere alla vita aprendo lo sguardo, cercando strade diverse, vedendo le potenzialità di una situazione anziché i suoi limiti.


venerdì 19 settembre 2025

"Diario dalla terra di mezzo" di Girolamo Gangemi edito Dialoghi Edizioni.

"Diario dalla terra di mezzo" di Girolamo Gangemi edito Dialoghi Edizioni.



La poesia, quando è vera, non ha bisogno di orpelli o di una lussureggiante retorica per colpire dritto al cuore. Lo dimostra in modo esemplare la nuova raccolta di Girolamo Gangemi, "Diario dalla terra di mezzo", edita da Dialoghi Edizioni. L'opera si presenta come un profondo e intimo diario poetico, un viaggio interiore che si svolge in un luogo immaginario e al tempo stesso universale: una "terra di mezzo" sospesa tra polarità opposte.

​Come sottolineato nell'accurata prefazione a cura del professor Franco Mileto, questo spazio letterario è un ponte che collega il cielo e la terra, il sublime e il gretto, la fede e la ragione. È la dimora dell'anima, dove il poeta si confronta con il divario tra ciò che è e ciò che aspira a essere. Gangemi, forte di un percorso poetico già costellato di successi, tra cui il "Premio Pomezia" e il "Memorial Guerin Cittadino", sceglie una scrittura che è l'antitesi dell'eccesso lirico. Il suo stile è asciutto, essenziale, a tratti quasi pragmatico, e rifiuta qualsiasi forma di esibizione verbale.
​Gangemi osserva il mondo con occhi disincantati e piedi saldamente piantati nel "qui e ora". La sua poesia non è un'evasione dalla realtà, ma un modo per affrontarla. C'è un'ironia sottile che permea i versi, un velo di sagacia che alleggerisce il peso delle riflessioni esistenziali, rendendole più accessibili e immediate. L'autore non si limita a raccontare, ma cerca un coinvolgimento emotivo con il lettore. Lo fa recuperando il significato originario della parola, intesa non solo come suono o immagine, ma come strumento etico ed estetico. In un'epoca segnata dall'individualismo, la sua poesia riscopre un senso "corale del vivere" che oggi sembra perduto, invitandoci a ritrovare il legame con gli altri e con il mondo che ci circonda.
​All'interno di questa raccolta, alcune poesie risuonano in modo particolare. "Vedersi dentro" e "Alibi" sono un potente invito all'introspezione e a un'onestà radicale con se stessi. "Anni verdi" è una toccante rievocazione della giovinezza, un affresco di memorie che si svelano con una delicatezza sorprendente. La poesia dedicata a "La ragazza dall'orecchino di perla di Vermeer" dimostra la capacità del poeta di dialogare con l'arte, cogliendo l'anima di un capolavoro per farne uno specchio di emozioni e riflessioni personali.
​Ma è nella poesia dedicata a "A mio figlio Giovanni" che l'opera raggiunge uno dei suoi apici emotivi. In ogni verso, in ogni singola parola, si percepisce l'amore profondo di un padre, un sentimento che si confronta con le preoccupazioni per il futuro e i cambiamenti della vita. È una poesia che tocca corde universali, portando il lettore a una consapevolezza essenziale: la vita è una sola e va vissuta in ogni istante, con pienezza e coraggio, nel suo "hic et nunc".
​In conclusione, "Diario dalla terra di mezzo" non è solo una raccolta di poesie, ma un percorso di crescita e di consapevolezza. È un'opera schietta, sincera e priva di fronzoli, che si offre al lettore come una guida per riflettere sulle complessità dell'esistenza e trovare un proprio equilibrio. La voce di Girolamo Gangemi è limpida e diretta, una voce che ci ricorda il valore intrinseco della parola e la bellezza di vivere la vita, in tutte le sue sfumature. È un'opera che merita di essere letta e meditata, perché offre spunti preziosi e la rara sensazione di essere tornati a casa.

Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni 1 Tappa del blog tour


Faccio cose vedo gente Zeno Maria Pareli edito Paesi Edizioni




sinossi

«Ho voglia di uscire stasera, di svagarmi un po’… passeggiate, sigarette, solito bar, whiskey torbato e mezz’oretta di jazz al club che frequento da anni. Questa sera il maestro WhiteLight alla chitarra sta proponendo un disco di Miles Davis in chiave blues. Nonostante tutto stia filando liscio, al terzo bicchiere di Ardbeg il lavoro riaffiora prepotente nelle sinapsi cerebrali e porta a galla ricordi, emozioni, odori, déjà vu, situazioni passate che mi distraggono e mi cambiano l’umore. È sempre così nel mio dannato settore. Di cosa mi occupo? Sono un avvocato per organizzazioni private, ma non frequento mai i tribunali: il mio ambiente è la politica. Perché? Sono un lobbista. In cosa consiste il mio compito? Faccio cose, vedo gente…»



È un lobbista. Classe 1957. Felicemente divorziato, etero. Vive sul mare. Astemio, tranne che di belle donne. E questo è il suo primo e ultimo romanzo.

domenica 7 settembre 2025

Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia di Mario Caligiuri Editore Luiss University Press.

MALEDUCATI 

Educazione, disinformazione e democrazia in Italia. 

Mario Caligiuri 

 Luiss University Press.


Recensione a cura del Prof. Franco Mileto


Il saggio di Mario Caligiuri, "Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia.", edito da Luiss University Press, si configura non solo come una lucida e impietosa analisi dello stato del sistema formativo italiano, ma anche come un manifesto politico che intende riportare l’educazione al centro del dibattito nazionale, quale perno ineludibile per la sopravvivenza stessa della democrazia. L'opera, caratterizzata da un approccio interdisciplinare che spazia dalla pedagogia alla sociologia, dalla storia alla teoria della comunicazione, rappresenta una diagnosi severa e un accorato j'accuse contro un trentennio di riforme miopi, deriva culturale e disimpegno intellettuale. 

Caligiuri costruisce la sua argomentazione seguendo una logica a cerchi concentrici, partendo dal quadro globale per poi stringere il focus sulla specificità italiana e, infine, sulla crisi interna alla stessa disciplina pedagogica. I capitoli iniziali definiscono la tesi di fondo: l'esistenza di un nesso costitutivo e inscindibile tra la salute del sistema educativo e la qualità della democrazia. L'autore riprende il classico dibattito tra Dewey e Lippmann, concludendo amaramente che, nella società contemporanea dominata dalla globalizzazione e dagli algoritmi, la visione realistica di un'opinione pubblica manipolabile ("gregge da guidare") appare tragicamente più aderente alla realtà. In questo scenario, la disinformazione emerge non come un fenomeno collaterale, ma come la principale emergenza educativa e democratica, un campo di battaglia per il controllo delle menti. Il cuore del saggio è dedicato alla disamina della storia recente d'Italia.

Caligiuri traccia una "breve storia della disinformazione politica in Italia", dimostrando come la manipolazione mediatica e la costruzione di narrazioni distorte siano una costante, dall'Unità d'Italia alla Seconda Repubblica. Questa tendenza si è esasperata con l'avvento di un sistema politico-mediatico che, dagli anni '90, ha privilegiato la propaganda e la semplificazione binaria (amico/nemico) a scapito della complessità. Parallelamente, l'autore analizza il "ventennio di riforme scolastiche" del XXI secolo come un susseguirsi caotico di interventi privi di visione, spesso contraddittori e sistematicamente ignari dei "tempi insostenibili delle riforme", ovvero della natura intrinsecamente lenta dei processi educativi. I risultati di questa politica, come evidenziato nel capitolo "Madamina, il catalogo è questo", sono disastrosi: analfabetismo funzionale, divari territoriali abissali e un generale abbassamento delle competenze critiche. 

La parte più provocatoria e scientificamente rilevante del saggio è la critica rivolta alla stessa comunità accademica dei pedagogisti. Caligiuri denuncia l'adozione di una "antilingua", un gergo accademico astruso, autoreferenziale e lontano dalla realtà concreta della scuola, che genera una "antipedagogia". Si interroga provocatoriamente sulla scientificità della disciplina, suggerendo che essa sia piuttosto un campo di studi interdisciplinare, un'"inferma scienza" che ha smarrito la sua responsabilità sociale. Il capitolo sul "non dibattito pedagogico italiano" è un atto d'accusa durissimo: l'accademia pedagogica viene descritta come un mondo ripiegato su se stesso, concentrato su liturgie convegnistiche e dinamiche concorsuali, incapace di incidere sul dibattito pubblico e di offrire soluzioni concrete alle sfide epocali. All'interno di questa struttura di tono diagnostico, emergono alcune tesi di forte impatto speculativo. Una di queste riguarda la diabolica spirale nella quale sono intrecciate crisi educativa e crisi democratica. 
L’assunto è che un'istruzione di bassa qualità produce cittadini incapaci di pensiero critico e, di conseguenza, facilmente manipolabili. Questo indebolisce la democrazia, riducendola a una mera procedura elettorale e favorendo l'ascesa di élite inadeguate. Tali élite, a loro volta, perpetuano il ciclo promuovendo politiche educative inefficaci che privilegiano il consenso a breve termine sull'investimento a lungo periodo.

Tutto ciò inevitabilmente conduce alla Società della Disinformazione. Caligiuri identifica la combinazione tra un eccesso di informazioni irrilevanti e un basso livello di istruzione sostanziale come il cortocircuito cognitivo che definisce la nostra epoca. L'educazione, in questo contesto, non deve più limitarsi a trasmettere nozioni, ma deve fornire gli strumenti per "sapere cosa ignorare", per selezionare le informazioni rilevanti e sviluppare un pensiero critico come principale difesa contro la manipolazione. Altrimenti ci si dovrà consegnare al facilismo amorale e alla falsa uguaglianza. L'autore critica l'eredità di un certo pensiero post-sessantottino che, nel tentativo di democratizzare la scuola, ha generato un "facilismo amorale", abbassando le aspettative e confondendo il diritto allo studio con il diritto al titolo di studio. Questo, anziché ridurre le disuguaglianze, le ha aggravate, penalizzando soprattutto gli studenti provenienti da contesti svantaggiati, per i quali una scuola esigente e basata sul merito rappresenterebbe l'unica vera leva di mobilità sociale. Nonostante l’impietoso rigore della diagnosi, il saggio non si esaurisce nella critica. 

Nelle conclusioni e nel capitolo dedicato al suo personale contributo, Caligiuri avanza una proposta organica, una "pedagogia per il XXI secolo". Questa deve essere una "pedagogia della comunicazione", consapevole della mutazione antropologica dello "studente a più dimensioni" (fisico, virtuale, potenziato) e pronta ad affrontare le sfide dell'intelligenza artificiale. L'autore propone inoltre una "pedagogia meridiana", un modello educativo per il Sud Italia che ponga il merito come antidoto al clientelismo e come strumento per colmare i divari territoriali. Il punto d'arrivo è l'invocazione di una "pedagogia della nazione": un progetto culturale e politico che faccia dell'educazione la priorità strategica per ricostruire il tessuto civile e democratico del Paese. 

Il saggio evidenzia indiscutibili punti di forza. Intanto il suo valore principale risiede nella capacità di connettere ambiti solitamente trattati separatamente, offrendo una visione d'insieme potente e coerente. Poi, il lavoro si distingue per il coraggio di una critica radicale rivolta non solo alla politica, ma anche al mondo accademico (ovvero al mondo dell’autore), mettendone a nudo le debolezze e l'irrilevanza. Infine, la rigorosa, puntuale ricostruzione storica della disinformazione in Italia fornisce profondità e solidità all'analisi del presente. Qualcuno ha mosso qualche riserva per un larvato "declinismo", che rischierebbe di sottovalutare le sacche di eccellenza e innovazione che pure esistono nel sistema educativo italiano, ma sarebbe bastato pensare alla vicenda umana e professionale di Mario Caligiuri, da sempre impavidamente e spericolatamente schierato sulla trincea dell’innovazione e della sperimentazione, per fugare ogni ipotesi di rassegnato fatalismo. Piuttosto, è da annotare che per ora la proposta di una "pedagogia della nazione" rimane più un'intuizione e una direzione di marcia che un progetto compiutamente definito, lasciando aperti numerosi interrogativi sulle sue concrete modalità di attuazione. Ciò non toglie che questo sia un libro necessario, che intercetta e articola con chiarezza le ansie di un'epoca segnata dalla crisi delle istituzioni e dalla sfiducia nella conoscenza, ma soprattutto apre una pista che richiederà un auspicabile e poderoso lavoro collettivo.
 
In conclusione, "Maleducati" di Mario Caligiuri è un saggio destinato a diventare un punto di riferimento nel dibattito pedagogico italiano. 
È un'opera che scuote, provoca e costringe a pensare, il cui merito più grande è quello di elevare la questione educativa dal rango di problema settoriale a questione politica per eccellenza, indicandola con forza come il terreno decisivo su cui si giocherà il futuro della democrazia italiana. Un testo imprescindibile, quindi, per educatori, accademici, decisori politici e per ogni cittadino che abbia a cuore le sorti del Paese.


Prof. Franco Mileto

martedì 3 giugno 2025

Blog Tour di Piero Salabè "Mortacci mia" edito La nave di Teseo. 2 Tappa

  

Seconda tappa


–  Il rapporto fra il fratello e la sorella, Fabio e Aič, che cercano il padre scomparso, come lo descriveresti?

Nel romanzo, nel capitolo 18., si dice che sono gemelli “siamesi con due teste e un solo cuore”. È una metafora per indicare la complementarità. Sono, infatti, le uniche due persone nella famiglia a credere che il padre sia ancora vivo, mentre gli altri lo danno per morto, e nella loro ricerca hanno bisogno l’uno dell’altro. Forse più  Fabio di Aič, nonostante lei sia più piccola. Fabio ha paura di dormire da solo nel buio, vuole che nel letto accanto ci sia Aič, che è ben più coraggiosa di lui. Sarà sempre la sorella la prima ad avventurarsi nei cunicoli, nei passaggi più infidi che conducono verso il padre: è lei la vera forza propulsiva della ricerca. Una forza irrazionale, passionale, non mediata da pensieri e calcoli; è più altruista,  mossa da “amore puro” verso il padre, anche se il fratello critica il suo attaccamento che definisce morboso. Fabio, invece, è descritto come più egoista, persegue la ricerca per motivazioni proprie, fa “esperimenti dell’anima”, e la sorella intuisce che la sua fedeltà al padre non è assoluta come la sua. Nel testo affiora in certe scene oniriche anche un’attrazione di Fabio verso la sorella: “fra cento sorelle quest’una / che mi mangia il cuore e io il suo”, cita lo scrittore austriaco Robert Musil, che aveva sviluppato un concetto utopico di “Geschwisterliebe”, fusione fra fratello e sorella. È certo che Fabio e Aič si potrebbero interpretare come le due parti di un unico personaggio, il cui il fratello rappresenta il maschile (animus) e la sorella il femminile (anima), ma non credo che con queste categorie colgano appieno il rapporto dei due, caratterizzato da dolcezza, affetto, ma anche da una latente voglia di sopraffazione da parte del fratello.  

- Il Frocio di Frosinone, il Libico, il Libanese: come ti sono venuti in mente questi personaggi?

“Il Frocio” è un personaggio che conosce a menadito i collegamenti segreti e i bassifondi di Roma. Avevo bisogno di una figura che aiutasse Fabio e Aič, a trovare un passaggio per l’ospedale chiuso. L’ho battezzato, “Il Frocio di Frosinone” perché mi piaceva l’idea di una particolare marginalità, qualcuno che conoscesse la città venendo da fuori. “Il Frocio” si fa chiamare lui stesso così, il nome non è, dunque, spregiativo, tutto il contrario: è una figura profonda, che dopo una crisi ha fatto un radicale cambio di vita. Confesso che mi piace giocare con i nomi, così anche con quello del Libico, Abu Ridou, un biologo fuggito via mare dalla Libia in guerra, che all’Università di Roma trova solo  un impiego in nero, nella stanza delle fotocopie. Abu Ridou, letto di fila, in spagnolo significa “annoiato” (“aburrido”). Il Libico è annoiato dalla vita, una noia “esistenziale”, perché approdato in Italia con la speranza di una vita migliore, si vede relegato, malgrado sia una persona di grande cultura.  Sono destini comuni dei rifugiati, spesso vittima di pregiudizi. Come nel caso del Frocio, volevo dare dignità, a una figura della marginalità. Il Libico, con il suo pessimismo radicale si oppone a una certa tendenza edificante del romanzo: “Mortacci mia” celebra la ricerca di un senso umano, ma il Libico ci ricorda che questo senso forse non esiste e non è null’altro che una nostra costruzione consolatoria. Infine, il Libanese: da tecnico del suono può aiutare Fabio a interpretare meglio i rumori dietro alle pareti del Policlinico abbandonato. Questa figura, in realtà un ebreo ungherese di nome Gluckstern, veniva chiamato il Libanese perché  da giovane vagheggiava di un luogo, in Libano, dove pensava si trovasse “la folgore bianca dell’Ognidove.” È un mistico che crede nell’esistenza di una frequenza in cui tutti i suoni, del presente e del passato, convergono e dunque nulla, della vita, vada perduto.